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I descritti

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Alessandro I De' Medici era stato posto a capo della Repubblica di Firenze dall'esercito imperiale, e si trovò subito stretto tra le finanze dissestate (ed il conseguente malcontento cittadino), e il timore che il riavvicinamento tra l'imperatore Carlo V ed il pontefice Clemente VII fosse di breve durata (timore poi concretizzato dalla morte di quest'ultimo). Il Duca, riponendo poca fiducia nella guarnigione spagnola che lo aveva appoggiato all'inizio del suo dominio, e che tra l'altro gravava pesantemente sull'erario pubblico, decise di accelerare i tempi per la creazione di un suo esercito.

Nel 1534 quindi la spina dorsale dell'esercito granducale divennero le "bande", ovvero contingenti armati che secondo le qualità e le possibilità delle province ogni paese era tenuto a fornire. Sulla scorta di precedenti esperienze e teorie (tra cui spiccano quelle machiavelliane) si dette il via alla grande innovazione che caraterizzò queste bande: reclutare gli armati non più tra gli abitanti della Dominante, ma tra quelli delle terre soggette (ovvero l'insieme del Contado e del Distretto). Questa scelta fu un evidentissimo segno del cambiamento di prospettiva politica nei rapporti tra Firenze ed il territorio soggetto, contestuale al passaggio dal regime repubblicano al principato. Si sfruttarono le inimicizie tra la città del giglio e le altre, disarmando i cittadini di Firenze e favorendo il contado per trovarvi un appoggio contro di essa. Così i provinciali, ottenute condizioni uguali se non migliori dei cittadini di Firenze, si affezionarono al nuovo governo, garantendo le basi della sovranità di Alessandro I.

Con i capitoli dell'11 aprile 1535 Alessandro I stabilì i doveri e i privilegi (compresi quelli giuridici), di soldati e capitani, istituendo la figura del Commissario Generale, nelle cui mani il principe faceva ricadere tutte le attribuzioni di carattere amministrativo e disciplinare, compreso l'organizzare le rassegne e cassare o rimettere i soldati. Questa autorità si applicava sia sulla milizia stanziale che sui soldati delle bande. Per i descritti di queste ultime era giudice dei reati criminali, con "ragione sommaria e senza solennità di leggi". L'investitura ad una carica così rilevante ricadeva su un uomo di assoluta fiducia del Duca, sul quale potesse contare per vigilare sui capitani, che governavano le singole bande.

Quindi tutta l'autorità precedentemente nelle mani dei "Nove dell'ordinanza e milizia", dei "Dieci di Balia" e dei connestabili, ricadde nelle mani di un singolo individuo. Tale accentramento di potere era conforme alle mire assolutistiche del Principe, ma poteva rivelarsi un'arma a doppio taglio nel momento in cui il Commissario ne avesse abusato.

Ai capitani invece spettava il governo militare delle singole bande. Dovevano provvedere alle rassegne (incontri mensili per esercitarsi) ed alle esercitazioni parziali, e a tutto quello che riguardava la disciplina. Con il regno di Cosimo I ai capitani venne però tolta ogni possibilità di infliggere sanzioni, con importanti eccezioni per i capitani di fortezze e di galee.

I migliori propositi, pur sorretti dall'importante apparato organizzativo, non bastavano ad evitare problemi ed abusi. Nei periodi di scarsa o nulla attività militare molti erano gli allontanamenti che si registravano, da parte di descritti che si arruolavano sotto le bandiere di bande mercenarie, lasciando le bande granducali sguarnite degli elementi migliori. Un altro grosso problema era di tutti quelli che entravano a far parte delle bande col principale scopo di sfruttare le protezioni della milizia per sfuggire a creditori e obblighi vari. Questo rischiava di creare bande di "tutti bottegai, che se sonassi mille tamburi non andrebbero fuora".

Alla verifica sul campo, con la guerra di Siena, quando le bande vennero impiegate in una guerra regolare, l'esito fu positivo. La conquista del senese accrebbe il numero e la fama delle milizie insieme al prestigio del Duca che nel 1559, si sentì chiedere dal Viceré istruzioni per organizzare una milizia nazionale nel regno di Napoli simile a quella toscana.

Certamente negli anni più turbolenti del suo dominio Cosimo I fu costretto a servirsi ed assoldare anche truppe straniere. È tuttavia significativo il fatto che adoperasse le sue bande nei compiti di natura più delicata come ad esempio la vigilanza di Borgo S. Sepolcro, punto di nodale importanza strategica e mira delle attenzioni dei fuorusciti. Non fu solamente Cosimo I a beneficiare del potenziamento delle bande. Gli stessi soldati infatti godettero notevoli vantaggi, grazie all'applicazione dei capitoli e privilegi della milizia.

 

Questo approfondimento storico è parte del lavoro di Tesi svolto da Diego Sassetti per confrontare come si applicava la giustizia verso i cittadini comuni e quelli membri delle Bande Granducali, i così detti "Descritti". Il lavoro è stato pubblicato nel volume "Lari e il suo Tribunale", edito da CLD libri

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